mercoledì 4 luglio 2012

IL SENATO BOCCIA IL PRESIDENZIALISMO. SICURI CHE SIA UNA BUONA COSA E CHI SIA MEGLIO PARLARE D'ALTRO?

3 luglio 2012. Roma. Con 13 voti favorevoli, 12 contrari e un astenuto la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha respinto l'emendamento sul Presidenzialismo proposto dal Pdl.
La possibilità di realizzare una riforma istituzionale che andasse a modificare la forma di governo attualmente in vigore in Italia (ovvero la repubblica parlamentare) era tornata prepotentemente al centro del dibattito pubblico il 25 maggio scorso, dopo essere stata ventilata da Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa tenuta assieme al segretario del Pdl Angelino Alfano, che aveva poi specificato che il modello di riferimento era quello francese (motivo per il quale sarebbe più corretto parlare di Semipresidenzialismo invece che di Presidenzialismo, nonostante il termine utilizzato dalla maggioranza dei mezzi di informazione sia stato quest'ultimo).
La proposta avanzata da Berlusconi e sostenuta dal Pdl è stata immediatamente bollata da molti commentatori come una boutade propagandistica, utile solamente a distogliere l'attenzione dai problemi interni del partito, problemi acuiti dalle pessime performances elettorali fatte registrare alle ultime elezioni amministrative.

Da più parti si è poi sottolineato che visto il perdurare della crisi economica i problemi reali del Paese sono altri e che quindi i temi che occupano l'agenda politica del governo dovrebbero essere diversi da bizantinismi quali le riforme istituzionali, che al cittadino medio non interessano in alcun modo.

Vi è infine chi, tra gli esponenti politici che compongono il quadro attuale, sarebbe anche interessato a discutere di riforme istituzionali ma guarda con forte sospetto al fatto che la proposta sia partita da Berlusconi, respingendola quindi in modo pregiudiziale senza nemmeno entrare nella sostanza della stessa.


E' opinione di chi scrive che questo tipo di approcci rappresentino un grave errore.

E' vero che in questo momento il Paese si trova in una situazione difficile e a dover affrontare numerosi problemi, in primis crisi economica, crescita zero e disoccupazione, e che ci si aspetta che chi ricopre la responsabilità di governare prenda delle decisioni che contribuiscano a risolvere questi problemi, che incidono in modo pesantissimo sulle vite delle persone condizionandole in forme talvolta drammatiche.
E' anche vero però che le decisioni su che cosa fare o non fare vengono preso da degli individui, e che in base alla combinazione risultante dall'assetto istituzionale (forma di governo, centralismo o federalismo) e da una serie di altri aspetti "tecnici" (monocameralità o bicameralità, iter per l'approvazione delle leggi, regolamenti parlamentari, legge elettorale), a parità di consenso e di voti, può differire in modo sensibile la determinazione di chi governa, in quali forme e con quali tempistiche.

E cose come CHI GOVERNA, CON QUALI POTERI , CON QUALI MODALITA' OPERATIVE e CON QUALI TEMPISTICHE fanno tutta la differenza del mondo in merito a come possono venire affrontati i problemi che la gente si aspetta di veder risolti.

Ecco perchè quando qualcuno dice «dammi retta uomo comune, non interessarti a queste cose, che per te sono solamente noiose e complicate, devi pensar a ben altro!» esorto tutti a diffidare di lui, perché - quelle sì! - sono le persone che vogliono pericolosamente sviare l'attenzione dell'opinione pubblica.
Sulla scia di queste considerazioni trovo fuorviante la discussione che verte sull'autore (o sugli autori) della proposta.


Personalmente ritengo che una discussione seria su quale potrebbe essere la miglior forma di governo applicabile all'Italia prescinda dall'attuale scenario partitico.
Se per assurdo domani dovessero sciogliersi il Pdl e il Pd questo non sposterebbe di una virgola la centralità di una discussione legata ad una riforma istituzionale di questa portata.
Lo scenario partitico attuale è una situazione legata a questo specifico momento, mentre la scelta della forma di governo fa parte delle cosiddette "regole del gioco" e quindi non è necessariamente legata a specifiche contingenze momentanee, ma è pensata per funzionare nell'arco di un periodo di tempo lungo e quindi in presenza di attori politici differenti.
Io non mi focalizzerei su chi è l'autore della proposta, ma sul merito della stessa.

Il punto della questione è: si ritene che l'attuale forma di governo utilizzata in Italia (ovvero il sistema parlamentare) non sia quella in grado di garantire le migliori condizioni per lo svolgimento di un'attività di governo il più efficiente possibile?
Sì o no?
Se la risposta è sì allora occorre dar vita ad un'analisi approfondita e rigorosa che individui i punti nevralgici e difetti del sistema parlamentare applicato al contesto italiano e successivamente prendere in esame tutti gli altri modelli esistenti, comparandoli tra loro sia alla luce delle dinamiche che si vogliono correggere sia in funzione dei risultati che si vogliono ottenere, scegliendo quello che meglio sembra prestarsi allo scopo.

Nello specifico, il Semipresidenzialismo alla francese vanta molti autorevoli sostenitori tra gli studiosi della materia, che ovviamente hanno le opinioni politiche più disparate.

In uno dei prossimi post verrà analizzato nel dettaglio.

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