giovedì 31 gennaio 2008

RIFLESSIONI SULL'ATTUALE SITUAZIONE POLITICA

Nella giornata di ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dopo una giornata di riflessione, ha comunicato pubblicamente la sua decisione, annunciando di aver affidato un incarico esplorativo all'attuale Presidente del Senato Franco Marini.
Queste le parole del Capo dello Stato:
«Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto oggi pomeriggio al palazzo del Quirinale il presidente del Senato Franco Marini, al quale ha conferito l'incarico di verificare la possibilità di consenso su una riforma della legge elettorale e di sostegno ad un governo funzionale alla appovazione di tale riforma e alla soluzione delle decisioni più urgenti. Il presidente del Senato riferirà nel più breve tempo possibile».
Marini, commentando la decisione di Napolitano, ha affermato:
«So bene che si tratta di un impegno gravoso, perché so che nelle attese dei nostri cittadini c'è un'attenzione forte alla modifica della legge elettorale. I tempi sono stretti, cercherò di trovare un punto di equilibrio tra le diverse esigenze. Impegnerò in questo compito tutta la mia determinazione».

Le posizioni delle varie forze politiche sono note.
Tutta la Cdl, ad eccezione dell'Udc che si è invece dichiarato possibilista, chiede a gran voce la scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni anticipate (così come l'Udeur di Clemente Mastella), mentre nel centrosinistra il Partito Democratico (sostenuto da Rifondazione Comunista e dai Radicali) insiste per dar vita ad un governo di breve durata che faccia la riforma elettorale, posizione non condivisa dai Comunisti Italiani di Oliviero Diliberto che chiedono o un nuovo governo sostenuto però dalla stessa coalizione che ha vinto le elezioni nel 2006 o nel caso questo sia impossibile le elezioni anticipate.

Prima di iniziare la mia analisi metterei in evidenza l'incoerenza di coloro i quali chiedono con più veemenza un governo istituzionale criticando con toni aspri il centrodestra per il fatto di volere le elezioni anticipate.
Riporto qui di seguito una serie di dichiarazioni rilasciate da esponenti della coalizione di centrosinistra:
-«Se cade Prodi lo scenario più rispettoso della volontà degli elettori è che si vada a votare: non vedo francamente maturare le condizioni per larghe coalizioni o governi tecnico-istituzionali.»
(Piero Fassino, segretario Ds, 30 ottobre 2006)
-«Se cade questo governo si va a elezioni anticipate.»
(Piero Fassino, segretario Ds, 22 settembre 2007)
-«Se cade Prodi si va al voto, un altro governo non c'è.»
(Piero Fassino, segretario Ds, 23 settembre 2007)
-«Larghe intese? Neanche per sogno. L'alternativa al governo Prodi è un rapido ritorno alle urne.»
(Anna Finocchiaro, capogruppo dell'Ulivo al Senato, 6 novembre 2006)
-«La logica è quella di legare al governo che nasce da un voto la durata della legislatura. Penso che dunque occorra, in questo caso, che chi fa cascare il governo sappia che finisce la legislatura.»
(Enrico Letta, esponente del Pd, 24 settembre 2007)
-Questo governo non ha alternative, dopo Prodi ci sono le elezioni.»
-«Un governo tecnico o istituzionale? Ma no, se Prodi dovesse cadere, dopo di lui ci sono soltanto le elezioni.»
(Francesco Rutelli, leader della Margherita, 25 luglio 2007)
-«Se dovessero accadere pasticci, cade il governo. Non ci sono larghe intese che tengano, a quel punto si va a elezioni.»
(Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione comunista al Senato, 30 ottobre 2006)

Detto questo, la mia opinione è in netta controtendenza rispetto a quella dei leader del centrodestra e a quella della stragrande maggioranza del suo elettorato. Ritengo infatti che un governo che duri non più diu 6-7 mesi sia la soluzione migliore.

Parto da un presupposto.
C'è un evidente problema di governabilità.
Nel 1994 Silvio Berlusconi vince le elezioni alla guida di una coalizione che comprendeva Forza Italia, Alleanza Nazionale, la Lega Nord, il Ccd e l'Unione di Centro, ma il suo governo dura solamente 8 mesi (dal 10 maggio del 1994 al 10 gennaio del 1995) a causa della Lega che fa venire meno il suo appoggio.
Nel 1996 l'Ulivo di Romano Prodi vince le elezioni, ma si assiste alla formazione di 4 diversi governi in 5 anni.
Nel 2001 la Cdl vince nettamente le elezioni (100 deputati e 50 senatori di vantaggio), ma nonostante questo l'azione del governo è fortemente condizionata da continui veti e ricatti da parte degli alleati di Berlusconi (tensioni testimoniate dalla sostituzione di due ministri dell'economia e culminate nella formazione di un nuovo governo nell'aprile del 2005), circostanza che l'ex premier rimarca ogni volta che qualcuno afferma che l'operato del suo governo è stato deludente rispetto alle attese.
Nel 2006 l'Unione vince le elezioni per una manciata di voti, ma l'estrma eterogeneità della coalizione, composta da forza politiche oggettivamente incompatibili tra loro, rende impossibile governare e dopo due anni caratterizzati da tensioni e litigi continui la settimana scorsa, il 24 gennaio, il secondo governo Prodi cade dopo non essere riuscito ad ottenere la fiducia in Senato.

Vincere le elezioni in modo fine a sè stesso, ovvero sconfiggere la coalizione avversaria ma non essere poi in grado di governare scontentando il proprio elettorato non serve a nulla. E senza una riforma elettorale questo meccanismo perverso si ripeterà all'infinito.
Se la Cdl ha avuto problemi durante la legislatura che è andata dal 2001 al 2006 non si capisce perchè le cose dovrebbero migliorare con una coalizione allargata che andrà dalla Fiamma Tricolare all'Udeur passando per la Lega, l'Udc e i liberali, ovvero un cartello elettorale che -come l'Unione- imbarca tutto e il contrario e di tutto, tenendo inoltre presente che la Cdl vincerà sì sicuramente le elezioni, ma l'entità dello scarto è tutta da verificare (un sondaggio di Renato Mannheimer pubblicato ieri sul Corriere della Sera dice che nel caso il Pd dovesse presentarsi da solo la Cdl otterrebbe il 51% dei consensi contro il 48,5% derivante dalla somma delle forze dell'ex Unione).
Insomma, il rischio che il centrodestra vinca ma che poi si ritrovi nelle stesse condizioni o quasi nelle quali si è trovato ad operare il governo Prodi negli ultimi due anni è più che concreto.

Un governo istituzionale conviene ai due maggiori partiti italiani, ovvero Forza Italia e il Partito Democratico.
Con una nuova legge elettorale Forza Italia e il Partito democratico avrebbero la possibilità di sfidarsi sapendo che questa volta chi vince tra loro due vince davvero, ovvero governa da solo.
Situazione che renderebbe l'Italia finalmente simile alle grandi democrazie occidentali, ovvero gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia.
E una nuova legge elettorale che consenta questo può scaturire solo da un accordo tra FI e il PD nel contesto di un governo sostenuto da entrambi oppure in seguito all'esito positivo del referendum, che però per essere svolto richiede che non si vada subito al voto.
Il referendum secondo la Costituzione non può infatti essere tenuto nell'anno successivo alle elezioni, e c'è da star sicuri che nel caso si andasse ad elezioni anticipate il prossimo governo, sotto la spinta dei partiti minori che lo compongono, metterebbe mano alla legge elettorale per annullarlo, legge elettorale che sicuramente non verrebbe modificata in direzione bipartitica.
L'unica soluzione è dunque un governo tecnico che vari una nuova legge elettorale o che non decida nulla ma che duri fino al referendum.
Ho sempre rimproverato a Forza Italia il fatto di non essersi spesa in favore del referendum che nel 1999 proponeva di eliminare la quota proporzionale introducendo il maggioritario secco, scelta che ha pagato nella legislatura successiva.
Commettere un altro errore di questo tipo sarebbe semplicemente suicida.
Un'ultima considerazione.
Se si andasse a votare tra due mesi il nuovo Parlamento non eleggerebbe il prossimo Presidente della Repubblica, e visto che da quando esiste la Seconda Repubblica i Presidenti sono sempre stati scelti dal centrosinistra la prospettiva di un Capo dello Stato espressione dell'area di centrodestra dovrebbe allettare i leader della Cdl.

Stabilità, governabilità ed esecutivi politicamente omogenei, decisionisti ed efficienti.
Rinunciare a tutto questo perchè non si può aspettare sette mesi sinceramente non mi sembra una grande idea.

6 commenti:

Federico Zuliani ha detto...

La politica "ragiona" con parametri diversi rispetto alla "scuola"...

Anonimo ha detto...

Secondo me il problema è che certe volte la politica non ragiona proprio...

Utopia ha detto...

anche se a me pare assurdo che ci voglia così tanto tempo per fare una legge elettorale.

Beppe ha detto...

infatti non è che ci vuole molto.
Il problema è l'accordo che non c'è. CI sono posizioni troppo discordati.

Anonimo ha detto...

No, per fare la legge elettorale non ci vogliono 6 o 7 mesi, ma molto meno tempo...
Infatti qualcuno ha anche parlato di un governo istituzionale della durata di 2 o 3 mesi...
Il punto è questo...
Se FI e il PD, come ritengo sia nel loro interesse e più in generale nell'interesse del Paese per le ragioni che ho descritto nel post, riescono ad accordarsi su una nuova legge elettorale non c'è nessun ragione perchè il governo tecnico duri 7 o 8 mesi...
Se invece non riescono ad accordarsi o non hanno i numeri per farla passare allora il governo deve avere quella durata (anche senza varare nulla) per consentire lo svolgimento del referendum...

Beppe ha detto...

Ora il problema è.. avremo un programma veramente rivoluzionario?

(in senso liberale, è ovvio)