Oggi ricorre il ventisettesimo anniversario della strage di Bologna.
Il 2 agosto del 1980, alle ore 10.25, un ordigno esplose all'interno della stazione ferroviaria causando la morte di 85 persone e oltre 200 feriti.
La responsabilità di questo tragico evento è stata attribuita al terrorismo di matrice neofascista, tuttavia le indagini non hanno mai fatto piena luce su qull'attentato, e ancora oggi su quella vicenda permangono dubbi e zone d'ombra.
In questa gornata ho dunque deciso di pubblicare sul mio blog due articoli tratti dal quotidiano "L'Opinione", dove vengono esposti fatti che in questi anni sono stati sistematicamente occultati dai più importanti media.
Da più parti si chiede di togliere il segreto di Stato su questa vicenda.
Se ciò, come mi auguro, avverrà molti potrebbero avere una brutta sorpresa.
L'Opinione
edizione 178 del 25-08-2006
edizione 178 del 25-08-2006
"L’Olp fece la strage di Bologna ma per l’Italia è segreto di stato"
di Dimitri Buffa
di Dimitri Buffa
Ogni 2 agosto i familiari delle povere vittime della strage della stazione di Bologna del 1980 ripetono, chissà con quanta convinzione, il solito mantra: “il governo tolga il segreto di stato”. In particolare è il loro rappresentante Paolo Bolognesi a farsi interprete di questa apparentemente legittima richiesta. Solo che il mantra in questione si scontra con la realtà e con la logica: nessun segreto infatti è mai stato posto per coprire i mandanti di quelli che, ad avviso di tutti assai ingiustamente, sono stati sinora condannati per questo tragico episodio che spezzò 85 vite innocenti, cioè Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. L’unico segreto che invece permane ostinato difende caso mai i depistaggi e le deviazioni che indirizzarono da subito l’inchiesta sull’ipotesi di una strage fascista. Mambro e Fioravanti avrebbero ben più interesse dei familiari delle vittime, anche quelli più politicizzati, a che questo segreto venisse levato finalmente. Perché copre i depistaggi a loro danno e a danno di tutta la galassia eversiva neo fascista che, essendo composta da fior di assassini e delinquenti, fu ritenuta un ottimo parafulmine per evitare allo stato italiano con criminali e terroristi di ben altro spessore: i palestinesi del Fplp di George Habbash e il gruppo Separat di Iliz Ramirez Sanchez, al secolo il comandante Carlos, attualmente detenuto in Francia dopo essere stato venduto a quel governo dai suoi ex complici. Le prove dei depistaggi e le circostanze coperte da segreto di stato sono state minuziosamente elencate dal lavoro di due consulenti della Commissione Mitrokhin, Giampaolo Pelizzaro e Lorenzo Matassa, rispettivamente giornalista di “Area” e magistrato, in un’opera imponente e semi sconosciuta intitolata molto semplicemente “Relazione sul gruppo Separat (una serie di terroristi internazionali, tra cui i Br Valerio Morucci e Antonio Savasta, al soldo del Patto di Varsavia) e il contesto dell’attentato del 2 agosto 1980. In quelle circa 200 pagine sono elencati per filo e per segno i depistaggi e le agevolazioni che i governi italiani dal 2 agosto 1980 in poi furono costretti ad avallare per evitare che altre azioni ritorsive come quella di Bologna avessero luogo in Italia. E questo perché la stessa strage era stata un amichevole avvertimento di quei signori che, per la prima volta, con l’arresto di un loro complice che aveva introdotto dei missili Strela in Italia aiutato da Daniele Pifano e altri autonomi dell’epoca, avevano visto violato il patto Moro-Giovannone del 1974 che garantiva a tutti i terroristi palestinesi di passaggio in Italia l’impunità in caso di arresto. E ciò in cambio della non belligeranza sul suolo patrio. Nelle considerazioni conclusive della loro consulenza, che rimarrà alla storia come l’unica cosa interessante prodotta dalla Commissione Mitrokhin, Pelizzaro e Matassa sostengono che “Vi fu un accordo tra governo italiano e organizzazioni terroristiche palestinesi finalizzato alla prevenzione e alla deterrenza di possibili atti terroristici nel nostro Paese in un periodo che va almeno dal 1974 al 1979. Il contenuto di questo accordo è – a tutt’oggi – coperto dal segreto di Stato in quanto, se reso pubblico, recherebbe pregiudizio ai rapporti internazionali dello Stato. Il sequestro dei missili Sam-7 Strela ad Ortona e il successivo arresto di Abu Anzeh SALEH, nel novembre 1979, furono considerati un atto ostile del governo italiano nei confronti dell’FPLP. Parimenti ostile fu ritenuto, dalla stessa organizzazione terroristica, il disconoscimento formale dell’accordo da parte del governo italiano, con nota ufficiale della presidenza del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 1980. Il mancato rilascio di SALEH e la mancata restituzione delle armi furono interpretati dal Fronte popolare di HABBASH come una violazione dei patti. L’autorità italiana (compresa la magistratura che ebbe ad occuparsi del caso) venne fatta oggetto di ricatto e minaccia da parte dell’FPLP nei mesi che seguirono la condanna di SALEH e dei tre autonomi romani coinvolti nel trasporto dei missili. L’irremovibile orientamento e la fermezza della pubblica accusa al processo per i missili di Ortona non fecero altro che aggravare gli attriti tra la dirigenza dell’FPLP e l’Italia e ciò proprio nei mesi precedenti l’inizio del processo di appello. La nostra intelligence ebbe a registrare, dal marzo del 1980 a Bologna, queste minacce di ritorsione, fino a che – l’11 luglio 1980 – pervenne al SISDE un allarme su possibili azioni ritorsive legate alla mancata liberazione di SALEH. Costui non era solo il rappresentante dell’FPLP in Italia, ma anche il contatto del gruppo Carlos a Bologna. Il 2 luglio 1980 (giorno in cui iniziò il processo d’appello all’Aquila) scattò, di fatto, l’ultimatum al governo italiano. Il 1° agosto 1980, fa il suo ingresso a Bologna il terrorista tedesco Thomas KRAM, membro operativo del gruppo Carlos. KRAM era a Perugia, il 7 novembre 1979, quando Abu Anzeh SAMIR chiamò il fratello a Bologna per avere ragguagli sullo scarico dei missili Strela al porto di Ortona. Il 2 agosto 1980, come sanzione, viene compiuto l’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna (85 morti e 200 feriti).” Sebbene tutto ciò sia indegno di un paese democratico aderente al Patto atlantico, come non mancano di rilevare i due consulenti, quello che accadde dopo fu anche peggio. Perché la bomba aveva sortito il proprio effetto e il governo italiano dimostrò di avere imparato la lezione. Scarcerando il terrorista palestinese detenuto nell’agosto del 1981, coprendo con il segreto di stato nel giugno 1988 le forniture di armi Olp alle Br e vanificando così l’inchiesta del giudice di Venezia Carlo Mastelloni e apponendo lo stesso segreto nel 1984, sempre di agosto, anche per l’indagine dei due giornalisti, icone della sinistra, Italo Toni e Graziella De Palo (fatti morire di lupara bianca sempre dai palestinesi di Habbash e Arafat a Beirut) allorchè gli stessi si erano recati in loco proprio seguendo un’indagine giornalistica che aveva ad oggetto il traffico di armi tra Olp e Brigate rosse. E mandando persino un magistrato molto famoso all’epoca, il pm romano Domenico Sica, chiamato Nembo Sic perché si prendeva tutte le inchieste sul terrorismo di sinistra nella capitale, a mediare con Arafat a Beirut. Tutto questo per proteggerci dal terrorismo dell’Olp che, non essendo mai stato un’entità statuale con cui il nostro governo poteva avere rapporti destinati a rimanere segreti, non poteva essere oggetto di apposizione di tale segreto a meno che non ci fossero esigenze di sicurezza interna relativi ad attentati terroristici. Che in effetti già erano avvenuti nei primi anni ’70 prima del patto Moro-Giovannone-Arafat. La stessa scuola di pensiero che la sinistra ha ancora oggi se si pensa che la foto del ministro degli Esteri Massimo D’Alema a braccetto con il deputato Hassan Haji degli Hezbollah a spasso tra le macerie di Beirut viene giustificata con la medesima logica: evitare che i terroristi sciiti libanesi sparino sui nostri soldati. Ma se le cose stanno così in Italia, perché qualcuno non prende il coraggio a due mani e dice ai parenti delle vittime della strage di Bologna, a cominciare dal loro presidente Paolo Bolognesi, di mettersi l’anima in pace e di non cercare ogni 2 agosto che Dio manda in terra chissà quali mandanti di stato dietro Mambro e Fioravanti che invece furono sacrificati come colpevoli di repertorio sull’altare della ragion di stato? E di smetterla di chiedere di togliere un segreto che, se tolto, potrebbe invece loro riservare amare sorprese? Segreto posto seguendo il cinico calcolo che i due ex neo fascisti condannati per la strage mai e poi mai avrebbero protestato (circostanza poi smentita dai fatti) per un ergastolo in più o uno in meno, visto che gliene avevano appioppati come minimo altri sei a testa all’epoca.(pagina web originale)
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