Il 9 luglio il Tribunale Civile di Milano ha autorizzato Bettino Englaro, padre di Eluana, a sospendere il trattamento che prevede l’alimentazione e l’idratazione forzata della figlia.
A beneficio di chi non conosce questa vicenda faccio un breve riepilogo dei fatti.
Il 18 gennaio del 1992 Eluana Englaro, che allora aveva 20 anni, intorno alle quattro del mattino è vittima di un terribile incidente stradale. Da quel giorno Eluana si trova in stato vegetativo permanente e da 16 anni è tenuta in vita dal trattamento di alimentazione e idratazione forzata. Nel 1999 il padre, Bettino Englaro, forte della volontà della ragazza, che un anno prima del suo incidente di fronte alla vista di un suo caro amico in coma aveva espresso il desiderio, nel caso si fosse trovata in una situazione analoga, di non essere tenuta in vita, presenta al Tribunale di Lecco la richiesta di sospendere l’alimentazione e l'idratazione forzata, richiesta che viene respinta e che dà il via ad una lunga battaglia giudiziaria che la famiglia di Eluana ha combattuto con enorme tenacia e determinazione.
La sentenza della Corte di Cassazione, come era ovvio avvenisse, ha scatenato un vivace dibattito che ha coinvolto medici, giuristi, intellettuali, autorità religiose e politici e che inevitabilmente ha dato vita a roventi polemiche.
A beneficio di chi non conosce questa vicenda faccio un breve riepilogo dei fatti.
Il 18 gennaio del 1992 Eluana Englaro, che allora aveva 20 anni, intorno alle quattro del mattino è vittima di un terribile incidente stradale. Da quel giorno Eluana si trova in stato vegetativo permanente e da 16 anni è tenuta in vita dal trattamento di alimentazione e idratazione forzata. Nel 1999 il padre, Bettino Englaro, forte della volontà della ragazza, che un anno prima del suo incidente di fronte alla vista di un suo caro amico in coma aveva espresso il desiderio, nel caso si fosse trovata in una situazione analoga, di non essere tenuta in vita, presenta al Tribunale di Lecco la richiesta di sospendere l’alimentazione e l'idratazione forzata, richiesta che viene respinta e che dà il via ad una lunga battaglia giudiziaria che la famiglia di Eluana ha combattuto con enorme tenacia e determinazione.
La sentenza della Corte di Cassazione, come era ovvio avvenisse, ha scatenato un vivace dibattito che ha coinvolto medici, giuristi, intellettuali, autorità religiose e politici e che inevitabilmente ha dato vita a roventi polemiche.
Su questioni come l'eutanasia o il testamento biologico sono state spese fiumi di parole, per cui non ho certo la presunzione di aggiungere qualcosa di nuovo al dibattito. Nonostante questo desidero però esprimere ugualmente la mia opinione.
Il punto fondamentale da cui partire è che gli esseri umani sono tra loro diversi.
Le persone non sono un ammasso di automi indistinti, ma ogni individuo presenta tratti originali e peculiari che lo rendono diverso da chiunque altro. Ogni uomo ha caratteristiche fisiche, intellettive, caratteriali, morali, sogni, aspirazioni, gusti e preferenze proprie, e la somma di questi (e di molti altri) aspetti dà vita ogni volta a qualcosa di unico e irripetibile.
Sulla base di questa considerazione, solo all'apparenza ovvia e banale, molti assegnano alla libertà un valore importantissimo.
Il liberalismo, che poggia sul concetto di diritto naturale, ovvero sulla convinzione che esista un insieme di norme di comportamento dedotte dalla natura e conoscibili dall'uomo, individua i diritti naturali nel celebre trittico "vita-libertà-proprietà". Agli uomini deve essere lasciato dunque il massimo grado di libertà possibile, con l'unico limite del rispetto dei diritti fondamentali degli altri individui.
A mio avviso anche per quello che concerne la delicata questione vita-morte, in nome della diversità di ciascuno, ogni persona va lasciata libera di decidere sulla base di valutazioni individuali.
Secondo alcuni vale sempre la pena vivere, a prescindere, perchè anche nelle situazioni più difficili è sempre possibile provare gioia, mentre secondo altri, nel caso vengano meno determinate condizioni, la vita non è più fonte di alcuna gioia ma diventa invece una prigione che causa solamente indicibili sofferenze.
Si tratta di due visioni legittime, e ovviamente solo il singolo individuo è in grado di stabilire se esiste o meno un "punto di rottura", ovvero un limite oltre il quale il dolore (intendendo con il termine "dolore" sia il dolore fisico che quello psicologico) diventa insopportabile, e nel caso quel limite esista fissarne i confini.
Con che diritto infatti qualcunaltro si può ergere a giudice supremo pretendendo di stabilire regole assolute in materia di sopportazione del dolore (inteso, lo ribadisco, come dolore fisico e psicologico)?
Solo io posso stabilire quale sia il MIO livello di sopportazione, ed il fatto che qualcuno voglia non solo espropriarmi di questa facoltà, ma addirittura negare che essa sia un mio diritto, a mio modo di vedere è un atto mostruoso, incivile, prepotente e tirannico.
Se una persona decide che il suo livello di sofferenza e divenuto ormai intollerabile come ci si può permettere di giudicarla?
Con quale presunzione?
In base a quale delirio di onnipotenza?
Se una persona decide che il suo livello di sofferenza e divenuto ormai intollerabile come ci si può permettere di giudicarla?
Con quale presunzione?
In base a quale delirio di onnipotenza?
Chiaramente deve sempre essere il diretto interessato a esternare in modo esplicito la propria volontà. Questo può avvenire o tramite la comunicazione diretta o attraverso la stesura di un documento (il cosiddetto testamento biologico) all'interno del quale ogni persona lascia precise disposizioni su che comportamento desidera venga messo in atto su di sè nel caso si venga a trovare in particolari e specifiche circostanze (ad esempio, come nel caso di Eluana, in stato vegetativo a causa di un incidente). Nel caso invece la volontà dell'individuo non sia espressa in modo chiaro, come ad esempio nella vicenda che ha visto protagonista l'americana Terry Schiavo, nella quale il marito asseriva che la donna avrebbe voluto che i macchinari fossero staccati mentre i suoi genitori affermavano l'esatto contrario, ritengo che nel dubbio l'individuo vada sempre e comunque tenuto in vita.
In definitiva, poichè nel caso di Eluana tutte le testimonianze sembrano attestare in modo inconfutabile che la volontà della ragazza fosse quella di non essere tenuta in vita nel caso si fosse venuta a trovare in queste condizioni, ritengo che la decisione presa dai giudici sia giusta.
N.B. (1): l'obiezione più classica alle argomentazioni che ho appena esposto è di ordine etico ed è portata avanti da persone credenti, le quali sostengono che la vita è un bene "indisponibile" perchè ci è stata data da un'entità superiore, e quindi non appartenendoci, non essendo di nostra esclusiva proprietà, non ne possiamo disporre come meglio crediamo.
Per chi volesse conoscere la mia opinione in merito dell'argomento mi sono già occupato all'interno del post
"Politica, religione libertarismo, cattolicesimo ed eutanasia".
N.B. (1): l'obiezione più classica alle argomentazioni che ho appena esposto è di ordine etico ed è portata avanti da persone credenti, le quali sostengono che la vita è un bene "indisponibile" perchè ci è stata data da un'entità superiore, e quindi non appartenendoci, non essendo di nostra esclusiva proprietà, non ne possiamo disporre come meglio crediamo.
Per chi volesse conoscere la mia opinione in merito dell'argomento mi sono già occupato all'interno del post
"Politica, religione libertarismo, cattolicesimo ed eutanasia".
N.B. (2): anche se arrivano a conclusioni diverse dalle mie consiglio la lettura dei bei post scritti rispettivamente da Gianrocco Ambrosiano e da Ismael:
15 commenti:
Ottimo post.
Ho però due osservazioni da fare:
1)
"Il liberalismo, che poggia sul concetto di diritto naturale, ovvero sulla convinzione che esista un insieme di norme di comportamento dedotte dalla natura e conoscibili dall'uomo, individua i diritti naturali nel celebre trittico "vita-libertà-proprietà"."
Kelsen era un liberale pur non essendo certo un giusnaturalista; non è detto che il liberalismo debba necessariamente basarsi sul diritto naturale, qualunque cosa esso sia.
2)
"Agli uomini deve essere lasciato dunque il massimo grado di libertà possibile, con l'unico limite del rispetto dei diritti fondamentali degli altri individui"
Naturalmente sono d'accordo, ma i problemi che poi si pongono sono, a mio avviso, due:
a)in quali condizioni un cittadino può chiedere l'eutanasia? In un caso, per esempio, di grave depressione, che si fa?
b) possono i medici essere obbligati a praticare l'eutanasia?
Il punto a) mi pare non facile, ma certo risolvibile con qualche buon compromesso, mentre al punto b) risponderei No.
per Il Laicista (1):
"Kelsen era un liberale pur non essendo certo un giusnaturalista; non è detto che il liberalismo debba necessariamente basarsi sul diritto naturale, qualunque cosa esso sia."
Copio e incollo quello che ho scritto su un mio vecchio post:
"Sostenere che (...) il diritto è una costruzione artificiale inventata dall'uomo e ha valore e significato solamente laddove vengano rispettati determinati criteri (la rivendicazione, le norme sulla sua formazione e produzione, la codificazione) significa abbracciare la filosofia del positivismo giuridico. Ma una concezione di questo tipo implica che se ad esempio all'interno di una comunità di fondamentalisti islamici un gruppo di persone rivendica il diritto di lapidare le donne adultere, la maggioranza delle persone ritiene che questa pretesa sia legittima e ragionevole e che essa venga codificata seguendo diligentemente e scrupolosamente le regole precedentemente fissate nessuno possa obiettare sul fatto che infliggere la lapidazione sia un diritto.
Se invece si rifiuta una visione di stampo kelseniano e si abbraccia il giusnaturalismo (ovvero la convinzione dell'esistenza di un insieme di norme di comportamento dedotte dalla natura) la prospettiva cambia."
(...)
"Coloro che hanno scritto la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino non pensavano certo di aver "inventato" qualche diritto; si limitavano solamente a mettere per iscritto dei diritti che erano preesistenti, non iniziavano certo ad essere validi solamente a partire dal momento della pubblicazione della Dichiarazione, a prescindere dal fatto che venissero rispettati o meno."
(...)
"Nell'ipotetico stato di natura di Locke, dove ancora non esiste uno Stato e conseguentemente non esistono leggi, ovvero dove non c'è del diritto positivo, non sarebbe forse illegittimo che una persona aggredisse qualcunaltro, anche se quest'ultimo non avesse mai esplicitamente rivendicato il diritto a non essere aggredito? Il principio di non aggressione non è forse valido al di là del fatto che venga enunciato o meno?"
per Il Laicista (2):
"a)in quali condizioni un cittadino può chiedere l'eutanasia? In un caso, per esempio, di grave depressione, che si fa?"
Ne parlavo giusto qualche tempo fa con la mia migliore amica, che studia psicologia...
Lei ad esempio è favorevole all'eutanasia quando si è in presenza di soggetti afflitti da malattie gravi, ma è contraria a consentire che a una persona affetta da una grave forma di depressione venga consentito di richiedere l'eutanasia, perchè ciò non corrisponde alla sua reale volontà ma si tratta di una richiesta fatta in un momento nel quale la persona non è lucida e quindi in grado di valutare appieno tutti gli aspetti della questione...
La cosa ovviamente ha un senso, anche perchè nella mia famiglia purtroppo ci sono stati più casi di depressione, ed è assolutamente vero che in un momento di non lucidità una persona può pensare di volere la morte,cosa che una volta superata quella situazione non si sognerebbe mai di fare, magari ringraziando chi l'ha costretta a curarsi...
C'è però il problema della definizione oggettiva di uno stato di depressione grave...
Non sono in grado di dare una risposta, la situazione è assai complicata...
Se la Shiver (la mia amica psicologa) passa di qui un suo commento è benvenuto!:-)
"b) possono i medici essere obbligati a praticare l'eutanasia?"
Anche io sono per il no.
Un medico non può essere costretto a praticare l'euanasia ad un paziente contro la sua volontà attraverso la coercizione...
In un regime di libero mercato comunque non si pone alcun problema...
Complimento per il post. Ottimo veramente. Un saluto da Bio!
Giuste le tue conclusioni e giustissimo il tuo richiamo al diritto naturale (il cui necessitante riposa sull'indecidibilità delle "condizioni al contorno" del diritto come sistema, un concetto che ripeto a ogni pie' sospinto :-)
Il mio insistere sulle limitazioni intrinseche alla disponibilità di sé ha ragioni più logiche che relazionali, ma è un prerequisito fondamentale per non segare il ramo su cui sta "seduta" la legge.
Tali limitazioni, comunque, si applicano per scongiurare l'eventualità che lo sfidanzato depresso vada a farsi sopprimere dall'amico del cuore o che nei casi dubbi si proceda per vie spicce.
Paradossalmente, è proprio la malattia terminale e/o pesantemente vegetativa a riconsegnare all'individuo una piena titolarità su ciò che può, per mancanza di referenti terzi, considerarsi suo: lungi da me quindi negare a Welby o alla Englaro la libertà di assumere certe decisioni.
I grattacapi sorgono - come si discuteva anche "de visu", se la memoria non m'inganna - nei casi come quelli raccontati in film come Million Dollar Baby o Mare Dentro. Nei quali, a mio avviso, si ricade più nell'omicidio del consenziente che nell'eutanasia propriamente detta.
Diventi sempre più bravo!
Ottima la risposta su Kelsen. Il positivismo non ha nulla a che fare con il liberalismo. Il liberalismo ha radici giusnaturalistiche, che sono l'unico modo in cui può esplicarsi.
Ma. Leggendo il post sono capitato sul tuo precedente post sulla Chiesa,l'eutanasia e la droga. Bellissimo. Ti commento qui perché quello è vecchissimo (ottobre scorso) e il discorso si riallaccia ad esso.
Tu dici che la Chiesa può esortare i credenti a non fare eutanasia, ma non può prendere parte attiva ad un eventuale referendum o fare pressioni sui politici cattolici affinché emanino una legge in tal senso.
In linea di principio è condivisibile. In linea pratica però, secondo la mia modesta opinione non fa i conti con il sistema democratico dello Stato Religione. Lo Stato democratico moderno ha sempre inculcato nelle persone l'idea che attraverso la legalità si definisca la giustizia. Il che significa che permettere l'Eutanasia o il consumo di droga, per lo Stato significa semplicemente che non sia sbagliato farlo. Lo Stato non ammette il libero arbitrio. La socialdemocrazia moderna è solo una lotta tra lobbyes per chi plasma la società nella maniera più vicina alle sue personali idee costruttiviste. Va da sé che in quest'ottica la Chiesa lotta assieme alle altre lobbyes per far passare il messaggio più vicino alla sua idea. Uno Stato che giudichi legale l'eutanasia, non è, secondo l'accezione moderna (sbagliata), uno stato che tutela il libero arbitrio. E' uno stato che giudica "sbagliata" la morale della Chiesa. Capisci cosa intendo? Il problema è che si è ormai persa la distinzione tra legalità e giustizia. Lo stato assurge al ruolo di religione atea (e in questo le sconfortanti dichiarazioni di Fini sui valori "sacri" della repubblica aggiungono solo carne al fuoco), che giudica ciò che è "giusto" e ciò che è "sbagliato" tramite la legislazione. Finché lo Stato si arroga il diritto di prendere decisioni etiche e regolamentare la morale, ogni religione si difende come può.
Ovvero, in parole semplici... Non è la Chiesa a sbagliare. E' lo Stato ad avere poteri che non potrebbe avere.
Liberalismo e giusnaturalismo sono variabili fra loro indipendenti della teoria politica. Hobbes fonda il suo sistema sulla legge naturale. D'altronde solo una nozione estremista o caricaturale del giuspositivismo si presta alla vostra lettura nicciana. Un contratto sociale che si fondi sull'interesse di tutti, da chiarirsi attraverso la procedura x, non è necessariamente disumano e/o illiberale. "We hold these truths to be self-evident" indica che, perché queste cose autoevidenti abbiano valore, noi il popolo le dobbiamo ritenere tali.
Return
@Gohan
Faccio mie le osservazioni di @Return circa il rapporto tra liberalismo e giusnaturalismo, e la caricatura che di solito si fa del giuspositivimo.
Rispondo rapidamente alla prima parte.
Al contrario del giuspositivismo, il giusnaturalismo garantirebbe il rispetto di diritti che altrimenti sarebbero alla mercé del despota di turno?
Ecco un esempio del contrario:
"Non è assolutamente lecito invocare, difendere, concedere una ibrida libertà di pensiero, di stampa, di parola, d’insegnamento o di culto, come fossero altrettanti diritti che la natura ha attribuito all’uomo." (LIBERTAS LETTERA ENCICLICA DEI SUA SANTITA' LEONE PP. XIII, papa dal 1878 al 1903)
Qui, la natura è posta a fondamento della negazione di diritti che oggi chiamiamo “naturali”, ma ieri, almeno per la Chiesa, non lo erano affatto.
Allora, quali sono i diritti che la “natura ha attribuito all'uomo”?
La verità è che i criteri di giudizio effettivamente utilizzati, non hanno nulla a che vedere con la distinzione tra ciò che è naturale e ciò che non lo è; anzi, semmai sono queste distinzioni a dipendere da Verità precostituite. E questo spiega il loro variare e l'assenza di accordo su cosa sia un “diritto naturale”.
Insomma, il giusnaturalismo ha dei problemi di non poco conto circa la fondazione del diritto.
Valga a titolo di esempio, quanto ha scritto J.S. Mill in “Saggi sulla religione”: << O è giusto dire che dovremmo uccidere perché la Natura uccide, torturare perché la Natura tortura, rovinare e devastare perché la Natura fa altrettanto; oppure, non dovremmo considerare per nulla ciò che la Natura fa, ma ciò che è bene fare. Se esiste una reductio ad absurdum, questa è certamente una. [...]>>
E non parlo della Fallacia naturalistica di Hume, secondo la quale non è logicamente possibile passare dall'”essere al dover essere”...
Sinceramente, sono molto scettico sulla possibilità di fondare il diritto in modo assoluto; ritengo invece che ogni sistema teorico abbia i suoi limiti, limiti da non sottovalutare.
La verità è che si naviga a vista... ;-)
Aspetta. Il termine giusnaturalismo non ha mai inteso approvare tutto ciò che succede in natura. La natura non rispetta né la proprietà né la vita.
Si parla di diritti "naturali" come qualcosa che "di natura " spetta all'uomo. Questo è vero. Ma si intende come diritti che possono essere rispettati senza infrangerne nessuno. In questo senso "naturali".
Assolutamente non nel senso che sono quelli che la natura di sua sponte rispetta. Altrimenti che cavolo avremmo a fare il diritto? Non servirebbe in base ad una consuetudine naturale che vige da milioni di anni.
Il problema è che subito dopo aver superato il binomio vita e proprietà <---diritti negativi o giusnaturali,ogni successivo diritto (quelli definiti positivi) vanno a limitare o distorcere i primi due.
Il liberalismo può essere ritenuto slegato dal concetto di diritto naturale, e storicamente ci sono molti esempi di questo, ma gli esiti di tale "divorzio" sfociano per lo più in ibridi tecnocratici e/o utilitaristi fondati sul feticcio del mitologico "contratto sociale".
L'uomo può porsi al di fuori dei sistemi formali e ridiscuterne i fondamenti, come insegna il lungo percorso di attribuzione dei diritti soggettivi. Ma lo può fare o decidendo a priori, costruttivisticamente, quali siano i valori da perseguire, o tornando sui suoi passi, realizzando che certe usanze (lo schiavismo, la negazione della libertà di espressione) contraddicono le premesse generali del sistema adottato.
Questione capitale, che segna lo spartiacque tra conservatori e progressisti e taglia trasversalmente tutte le famiglie politiche. La affrontavo abbastanza estesamente qui, se può interessare.
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e mi scuso per non aver ancora risposto, ma ieri sono stato parecchio indaffarato e la stessa cosa vale per oggi...
Stasera rispondo a tutti!
La contrapposizione giusnaturalismo-giuspositivismo oscura che ciascuno dei termini, se isolato, è inconsistente. Anzi, si può perfino dire che il più celebre dei giusnaturalisti ante litteram, Cicerone, stabilì esattamente la coimplicazione fra iussum e iustum. All'inizio dell'era moderna Hobbes chiarisce nella sua teologia politica perché il giusnaturalismo è instabile: perché Dio ha smesso di parlare, in prima persona o per bocca dei profeti (Locke condivide), perciò la legge naturale si rende intelligibile solo attraverso la ragione, il che ci riporta indietro di una quindicina di secoli: nella posizione degli stoici, (di cui Grozio è un epigono).
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aloha, certo che commento, mi piace a buso sto argomento...
una persona affetta da depressione cosi come da altre malattie psicologiche è in grado di intendere e volere e ha certamente tutti i diritti e i doveri di ogni cittadino però non vede lucidamante la sua situazione di vita quindi diciamo che presa da sentimenti negativi di autosvalutazione, di bassa autostima di pessimismo potrebbe decidere di porre fine alla sua vita, solo perchè in quel determinato momento si sente cadere il mondo addosso... e risottolineo in quel determinato momento... quindi secondo me non si può far basare una scelta del genere su un determinato momento di sconforto...se si fa una legge sull'eutanasia, si deve tener conto di tutti questi fattori...
io personalmente sono a favore dell'eutanasia per motivi gravi tipo quello che è capitato ad Eluana, o per le malattie terminali, perchè secondo me non ha senso l'accanimento terapeutico.Questo, in certe situazioni, toglie dignità alla persona che ad un certo punto ha il diritto di essere lasciata andare....io ho lavorato in una casa di riposo, e ho visto un bel pò di situazioni e un bel pò di malattie che colpiscono le persone di una certa età, spesso i famigliari vedendo che il parente sta male, non accettano la situazione e si illudono che il parente potrà migliorare ma in molti casi gravi, non è cosi il miglioramanto, anche se è brutto da dire non può esserci...e tra decidere qualcosa di definitivo o decidere qualcosa che ti da speranza la maggior parte delle persone preferisce scegliere ciò che da speranza... ma in certi casi è una speranza illusoria...io non mi sento di giudicare le scelte, perchè in questo tipo di scelte bisogna trovarcisi per sapere cosa significa, non si può dire a priori ciò che è giusto o sbagliato, mi sento di dire che se capitasse a me vorrei che i miei cari mi lasciassero andare....ma io non sò se sarei in grado di lasciar andare anche solo uno di loro...
ho una nonna che da sempre mi dice che in situazioni gravi vorrebbe essere portata in olanda perchè la è legale l'eutanasia, mia nonna ha 96 anni...io la trovo una persona spendida vista la sua eta e la sua mentalità, ma non sò se un giorno mi troverò io a dover scegliere se sarò in grado di fare ciò che mi ha chiesto, nonostante sia della stessa opinione...ci vuole una gran forza per fare questa scelta...
quando c'è stato il caso di Wally, il ragazzo che come Eluana era in coma da un sacco di anni ho trovato vergognoso il fatto che la chiesa non abbia voluto celebrare il funerale...come può la chiesa nel 2008 restare cosi indifferente a cosi tanta sofferenza e a cosi tanto dolore, da non rivedere certe posizioni prese nel medievo??
ok l'eutanasia è condannata dalla chiesa ma cavolo come si è evoluto il mondo sarebbe ora che si evolvesse anche il pensiero cristiano... quello che andava bene nel medioevo non può andare bene ancora nel 2008!!!! la stessa cosa è valida per i contraccettivi!!!e per un sacco di altre cose....
@Ismael
Molto interessante il post (anche il blog, per la verità) che hai segnalato, lo leggerò di sicuro.
Grazie.
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